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Toccare il ruvido della ruggine che ha ramato

di Paolo Veronese da Maderno


Toccare il ruvido della ruggine che ha ramato

questo attrezzo di livido ferro, capace solo

di stappare una birra o limarci le unghie


col sospetto del tetano - l'antico babau

che mi seguiva da fanciullo come la corrente


dei recinti delle vacche - e così I pensieri

che si accartocciavano a quel contatto voluto

come il piacere di pungere il dente malato


libero di maledire le nubi e le vespe e le ortiche

e di misurare quella faccia da svizzero a sganassoni


pugni d'innocenza e patrioti

nella brughiera dove tossiva il fiume

e percuoteva l'orecchio di fluire 'bergab' da lontano

simile e fraterno alla ferrovia che portava a Winterthur


sino a qui, dove si affastellano i dolori e la noia

che parla del tempo che s'aggrappa

a me alle ossa


come l'ossido sul ferraccio.


DIO Mio come fa a starci tutto - tutte bestie nel prato


tutta la memoria in una testa inutile?


Mani, ruggine, dell’artista F. Ubaldi
Mani, ruggine, dell’artista F. Ubaldi

 
 
 

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