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Picus

di Paolo Veronese


Nel pallido mattino un sole timido

accende fra le nubi auree ghirlande;

sbadigliano colline, si ode un battito

tra la boscaglia. E tace, e batte, spande

in echi ripetuti un breve tremito

e un altro e un altro dove si confonde

luce e penombra. Impazzito telegrafo

ticchetta punti brevi in fitte fronde.

Chissà dove, laggiù, ti sento, ascolto,

picchio solitario, anima irrequieta

mentre sui rami vi si mescon zirli,

e tu che tremi dentro il bosco folto

battendo il chiodo di un’insonne nota:

ascolto i tuoi fraseggi, ma capirli?




PICUS mëdius.


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