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Le acque profonde della laguna: Simbolismo e interferenze visive tra Harloff, Hollesch e Memo

di Venator Animarum



All’inizio degli anni Settanta, tra Venezia e Chioggia si determinò un’inaspettata quanto feconda convergenza simbolica tra tre artisti allora attivi in quell’area: Carlo Hollesch (n. 1922), Guy Harloff (n. 1933) e Nino Memo (n. 1940). Nelle loro opere si manifesta una tensione verso l’allegoria esoterica, l’immagine-simbolo, la struttura formale come cifra di significati ulteriori. Questo contributo intende mettere a fuoco tre opere rappresentative del loro percorso: Soleil Triangle (1961) di Harloff, Tavola magica (1965) di Hollesch, e Alchimia del Simbolo (data incerta) di Memo, delineando per ciascuna un profilo critico e iconologico, e infine proponendo una riflessione sul valore sincronico e speculativo della loro presenza comune in laguna.





1.

Guy Harloff, Soleil Triangle, 1961



Tecnica mista su carta, 35x41 cm. Foto: Massimo Forchino


In Soleil Triangle Harloff articola una grammatica visiva che unisce geometria sacra e immaginario alchemico. L’opera, di datazione relativamente precoce, rivela già il ricorso a una simbologia universale, costruita attorno al triangolo come figura del fuoco, del logos e della trinità. Il “sole” non è solo astro fisico, ma sol philosophorum, emblema della coscienza irradiata, della luce interiore. La tecnica mista favorisce un effetto di stratificazione semantica, in cui forme e pigmenti si comportano come segni da decifrare, più che come elementi estetici.


Harloff, artista cosmopolita influenzato dalla cultura simbolista e dalle letture gnostiche (si pensi a René Guénon, a Carl Gustav Jung, ma anche alla tradizione ermetica francese), sembra costruire con quest’opera un diagramma iniziatico, un mandala sincretico che parla alle facoltà intuitive dello spettatore più che al suo occhio analitico. Il titolo stesso è formula: Soleil richiama la regalità solare, Triangle il compimento ternario del percorso iniziatico.


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2.

Carlo Hollesch, Tavola magica, 1965



Litografia su carta, 21x22 cm. Prova d’autore. Livebid


Più contenuta nelle dimensioni e nelle apparenze, Tavola magica di Carlo Hollesch è tutt’altro che semplice. Qui il mezzo grafico agisce come canale di precisione espressiva: linee, trame, segni si dispongono in una griglia apparentemente razionale, ma misteriosamente evocativa. La “tavola” del titolo è al contempo superficie e supporto iniziatico, richiamo implicito alla tabula smaragdina, ma anche alle tavole dei tarocchi, agli ex voto, alle scritture palinsestiche dell’arte medievale.


Hollesch, più schivo rispetto agli altri due, lavora con una sobrietà mistica. Il suo segno è calligrafico e alchemico al tempo stesso: ogni tratto sembra risultato di un esercizio spirituale, una meditazione visiva. Tavola magica è una partitura simbolica che si apre al rischio della lettura plurima: pianta di un edificio immaginale? Codice cifrato? Astrolabio disattivato?


La stampa incarna una tensione: tra visibile e invisibile, tra figura e diagramma. L’opera si colloca nella scia delle ricerche italiane ed europee sul segno, ma con una propria aura che rimanda alla cabala, ai segreti dell’ordine cosmico.


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3.

Nino Memo, Alchimia del Simbolo

(particolare)



Bac Art Studio di Paolo Baruffaldi, Venezia


Il frammento noto di Alchimia del Simbolo – probabilmente una delle opere più emblematiche di Memo – suggerisce un approccio pittorico visionario. A differenza della geometria strutturata di Harloff o della grafia contenuta di Hollesch, Memo lavora sull’intuizione formale, sul moto interno della materia. Colore, segno e simbolo non sono disgiunti: si fondono in un processo continuo, come in un athanor alchemico.


Il simbolo qui non è rappresentato, ma evocato: emerge dalla pittura come un’archetipicità che si rivela e si nasconde. La tecnica, probabilmente mista anche in questo caso, valorizza le sfumature, i rossi profondi, i gialli sulfurei, in un impasto cromatico che richiama i passaggi dell’opus alchemico: nigredo, albedo, rubedo.


Il titolo – Alchimia del Simbolo – va inteso alla lettera: ciò che è simbolico viene trattato come materia prima da trasmutare. Memo guarda alla spiritualità orientale e occidentale, al pensiero analogico, alle corrispondenze celesti e terrestri. La sua opera è al tempo stesso un testamento ermetico e un diario del proprio viaggio interiore.


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4. Simbolismi interferenti: una sincronicità lagunare



Che cosa unisce Harloff, Hollesch e Memo? Non un movimento, né un manifesto, né una scuola. Ma piuttosto una sintonia aurorale che si manifestò nel contesto specifico della laguna veneta tra fine anni Sessanta e primi Settanta. Venezia e Chioggia, luoghi di passaggio e di riflessione, divennero per un breve tempo crocevia di percorsi artistici che condividevano una stessa temperatura simbolica.


I tre pittori, nati in decenni successivi (anni Venti, Trenta, Quaranta), rappresentano quasi tre fasi dello stesso processo immaginale:


  • Harloff, il geometra solare, mediatore tra cultura mitica e visione esoterica.

  • Hollesch, il copista dell’invisibile, artefice di griglie magiche e silenzi scritti.

  • Memo, il trasmutatore del segno, il visionario del simbolo incarnato nella materia.



Nell’opera di tutti e tre, la pittura non è mai solo rappresentazione, ma rituale mentale, scrittura sacra, processo alchemico. Le loro traiettorie convergono nella tensione a una iconologia dell’invisibile, dove la forma è sempre allusione, la superficie sempre soglia.




Conclusione


Oggi, queste opere e questi autori rimangono ai margini del canone, custoditi da rari cultori. Eppure, nel loro dialogo sommerso, essi custodiscono una possibilità per il pensiero visivo contemporaneo: quella di riscoprire la pittura come luogo simbolico, come scrittura sapienziale, come atto di conoscenza. La laguna – acque profonde e riflettenti – ne fu cassa di risonanza e complice silenziosa.




Bibliografia essenziale


  • Elémire Zolla, Le potenze dell’anima, Milano, Marsilio, 1998.

  • Ananda K. Coomaraswamy, Simboli e interpretazione, Milano, Adelphi, 2006.

  • René Guénon, Il simbolismo della croce, Milano, Adelphi, 1996.

  • Carl Gustav Jung, Psicologia e alchimia, Torino, Boringhieri, 1991.

  • Paolo Baruffaldi (a cura di), Nino Memo. Il simbolo e l’ombra, Venezia, Bac Art Studio, s.d.

  • Cataloghi d’asta Livebid (Carlo Hollesch); Archivi fotografici Massimo Forchino (Guy Harloff).


 
 
 

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