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Salmo

di Paolo Veronese da Toscolano-Maderno


Salmo


Come napalm che ripulisce l’orizzonte

l’alba s’inietta agli occhi ancora stanchi


umidi di sonno e cera, striati a sangue:


e già s’incarna dentro la testa, rumore o pensiero -

goccia di nuovo fuoco -

nome o enigma

che sussurra e lacera l’aria trafitta

quel sansebastiano di un corpo, un desiderio


riemerso e smorzatosi nell’atto

dell’amore, il potente gioco sepolcrale

crisma che è vita e morte


ascesi in uno.


La vena che sussulta, al polso che si inclina

al peana dello scriverti, un guazzo di sperma

e cenere, parola terrestre

e saturnina -


vorresti divorare il filo già ceduto, steso alla pagina

che sa di giallo vecchio, di sputo e unzione

nel tremore che ti è nei nervi, divora


ogni istante e respiro, un cartello di prezzo

battuto all’asta, qui al mercato.


Poesia e carogna, già lucentezza brulicante

di insostenibile vita, distrutta la coscienza -


oh dove, dove finirà nell’ultimo travaso

la polvere di una sola idea, un pianto sottovoce


la maceria mai pensata?


in quale nome si chiuderà il sepolcro, la litania

delle promesse, la tarda reminiscenza


di essere stato, di aver persino amato…



 
 
 

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